Effetti positivi della meditazione spirituale
sui Tre Dosha,
fattori-base dell’Ayurveda
Tesina di Diploma in Medicina ayurvedica
Bologna, Dicembre 2008
Diplomando: Francesco Giampà
Indice
Capitolo Primo - Natura e significato del Tridosha
a)
Introduzione generale: i principî del cosmo secondo l’induismo
pp. 1-3
b) Dosha e stato di salute
pp. 3-4
c)
Rapporti fra i Dosha e i vari
organi
pp. 4-7
d)
Categorie di malattie e tipi corporei pp. 7-8
Capitolo
Secondo - Effetti della meditazione
sulla mente ed il corpo
a)
Com’è nato l’Ayurveda pp. 9-10
b) A cosa serve l’Ayurveda pp. 10-2
c)
L’Ayurveda quale scienza della
longevità pp. 12-5
d) Ayurveda e Jyotisha pp. 15-7
e) Il riequilibrio psicofisico attraverso la meditazione pp. 17-9
Capitolo Primo
Natura e significato del Tridosha
a)
Introduzione generale: i principî del cosmo secondo l’induismo
L’Ayurveda,
come mostra la denominazione stessa, indica la conoscenza (Veda) della
vita (ayus). Essendo il sistema vedico in tutto connesso,
anche l’Ayurveda costituisce
parte integrale dei Veda.
Il Veda stabilisce che i tre
principî costitutivi
dell’universo sono
rappresenta ti dal Tripurusha (le ‘Tre Persone’, più o meno corrispondenti
a quelle della
Trinità cristiana).
Il Primo Purusha o Purusha Supremo
(Purushottama) è l’Assoluto, cioè quel che noi
occidentali cristiani
chiamiamo Dio Padre. Il Secondo Purusha è il Principio della
Manifestazione cosmica,
insomma l’Uno che crea il mondo. Nella Bhagavad
Gita viene
identificato a Krishna, così come i cristiani
identificano il <Figlio> (di Dio Padre) a Cristo.
2
( Darśan A.S.D. )
Il Terzo Purusha, infine, equivale allo Spirito
Santo, in quanto essenza sdoppiata
dell’essere totale. Ossia quel Purusha che è Krishna,
rappresentante androginico
dell’Essere (o Principio
della Creazione), si sdoppia in Maschio e Femmina. In altre
parole, il Terzo Purusha,
che è solamente Essenza, s’accoppia alla Mula-Prakriti, cioè
letteralmente la
‘Radice della Manifestazione’ o Sostanza ) ed accoppiandosi determina la
Creazione.
Ora, è appunto al minore dei tre suddetti Purusha che s’applica la scienza
ayurvedica.
Il
Terzo Purusha è il campo
d’applicazione del sapere cosmologico, nel cui ambito rientra
l’Ayurveda coi suoi trattamenti
specifici. Infatti, nell’atto creativo
il Maschio-essenza si
unisce
alla Femmina-natura e dall’accoppiamento nascono i Tre Guna. Vale a dire, le ‘Tre
Qualità’
dell’esistenza: 1) Sattva, associato al color bianco; 2) Rajas,
al color rosso; 3)
Tamas, al nero. Il Triguna
costituisce la triplice polarizzazione della Mente (Manas), più
o
meno coincidente con quel che in Occidente definiamo nell’insieme Superconscio
(Sattva,
la parte superiore della psiche tendente alla trascendenza), Conscio (Rajas,
la
parte
mediana sempre vigile e tendente all’attività) e Subconscio (Tamas , la
parte
3
( Darśan A.S.D. )
inferiore
e più pigra nonché tendente alla passività).
Dal riflesso sul mentale dei Tre Guna si sviluppano i famosi 5 Maha-bhuta
(‘Grandi-
elementi
): 1) Etere (Akasha), 2) Aria (Vayu , 3) Fuoco (Agni), 4)
Acqua (Ap), 5)
Terra
(Prithivi). Anche i Greci
conoscevano i 4 Elementi e designavano <Quintessenza>
la
loro comune origine. Tale nozione sta
alla base della loro filosofia.
Gl’indiani invece li
chiamavano
Pañca Maha Bhuta, ovvero ‘Cinque Grandi Spiriti’; s’intende, degli
Elementi.
La
relazione del Tridosha coi Bhuta è semplice, quello proviene da
questi. Si potrebbe
addirittura
considerare il Tridosha, siccome combinazione dei Bhuta, una
manifestazione
su
un piano inferiore del Triguna.
Nel senso che da Akasha e Vayu deriva Vata (insieme
di
Etere e di Aria), da Agni e Ap si ha Pitta (Fuoco con
Acqua), da Ap e Prithivi Kapha
(Acqua
e Terra ).
b)
Dosha e stato di
salute
In
condizioni di normalità il Tridosha, che ovviamente è incorporeo essendo
generato da
4
( Darśan A.S.D. )
una
fluidità impercettibile ai sensi, risulta equilibrato per proporzione ed
azione. Cosicché
la
persona gode di buona salute. Se, al
contrario, una persona adotta diete squilibrate
oppure
agisce in maniera irragionevole, si determinano degli sconvolgimenti
fisiologici
all’interno del corpo umano in relazione ai
Tre Dosha. O, se vogliamo dire diversamente,
il
Tridosha controlla l’organismo
dell’individuo, regolandone l’equilibrio generale; tanto a
livello
fisico, quanto a livello mentale. Ciò
dal momento che non soltanto esiste un
interscambio
psicosomatico fra la mente e il corpo, nel senso che il corpo somatizza i
problemi
mentali, ma avviene anche in linea inversa un interscambio fra il corpo e la
mente.
c)
Rapporti tra i dosha e i vari
organi
L’Etere predomina sugli altri 4 Elementi e
ne mantiene l’equilibrio colla sua natura più
rarefatta. Può esser concepito quale spazio che permette
il movimento. Gli altri 4
Elementi
sono distinguibili in 2 maschili (Aria e
Fuoco) e due femminili (Acqua e Terra).
5
( Darśan A.S.D. )
Ragion
per cui la loro quintessenza costituisce, in certo modo, la non-distinzione
originaria
tra
maschile e femminile. In maniera
analoga, altrettanto fra i dosha è Vata a dominare
sugli
altri due (Pitta e Kapha), sui quali svolge una funzione a sua
volta regolatrice.
Essendo il più elevato dei tre, Vata
(misto di Etere e Aria) ha a che fare colle parti più
nobili
dell’individuo, il cervello e il sistema nervoso. Inoltre, regola il sistema osseo ed
articolare,
nonché parte del sistema digerente.
Praticamente l’intestino grasso, dove
s’accumulano
i gas della fermentazione e della putrefazione.
Giacché l’apparato uditivo
corrisponde
elementalmente all’Akasha e il sistema tattile a Vayu, ecco che Vata (lett.
‘aria’) essendo
un insieme di questi due bhuta governa sia l’udito che il tatto. Due fattori
psicologici
sono particolare fonte di squilibrio del Vata, le ansie e le paure, che
stanno alla
base
dello stress contemporaneo. Lo stress,
come insegna il dizionario inglese, altro non
è
che ‘tensione’ accumulatasi nel vivere quotidiano tramite l’ansia per il
presente e la
paura
del domani. Pitta (lett. bile)’,
di cui la veloce attività calorica generata dal sangue e
dai
vasi sanguigni è la principale caratteristica), essendo viceversa composto dal
punto di
vista
elementale di Fuoco regola il sistema cardio-circolatorio; e, simultaneamente,
6
( Darśan A.S.D. )
governa
quella parte del sistema digerente che corrisponde all’intestino tenue e al
fegato.
Questa parte del corpo ove risiedono i
suddetti organi ha d’altronde a che fare nella
fisiologia
occulta della tradizione tantrica col Terzo Cakra, correlato all’Elem.
Fuoco. È
vero
che l’Ayur è altra cosa rispetto ai Tantra, legati al culto della Shakti,
la Gran Madre
indiana. Tuttavia, dipendendo dall’Atharvaveda, cioè dal Veda tantricizzato in età
relativamente
recente (Kaliyuga), l’Ayur è ad essi senza dubbio
apparentato. Essendo
però
formato in parte anche di Acqua, Pitta predomina su quelle facoltà
cerebrali che
come
tale elemento hanno capacità penetrativa (intelletto, comprensione ecc.) nei
confronti
della realtà circostante. All’interno
dei sensi la vista è determinata dalla luce e,
quindi,
appartiene al Fuoco. Perciò Pitta
governa la vista. Al negativo è la
collera, intesa
quale
infiammazione della mente, il principale fattore squilibrante di tale dosha.
Kapha (lett. ‘flemma’), di cui la
lentezza circolatoria dei vasi linfatici è il fulcro a livello
organico),
dal canto suo è responsabile dello stomaco, dei polmoni e del torace più in
generale,
compreso l’intero apparato respiratorio.
In pratica, quelle parti del corpo più
umide
ed aventi funzioni vegetative, così come Pitta regola le funzioni
fisiologiche
7
( Darśan A.S.D. )
propriamente
animalesche. Kapha sta per di più
in rapporto al sistema tegumentario e
connettivo
(pelle e tessuti), dato che dipende dall’Acqua e dalla Terra, ossia gli Elementi-
base. A loro volta Acqua e Terra vengono correlati
sensorialmente al gusto e all’odorato.
Quindi
Kapha dispone, in aggiunta, di codesti due sensi. Poiché i sentimenti ed ogni
forma
affettiva in generale hanno natura fluidica e passiva dal punto di vista
psichico,
Kapha regola altresì queste nostre espressioni
intime. Negativamente parlando,
l’attaccamento
risulta il principale ostacolo al mantenimento in equilibrio di questo dosha.
d)
Categorie di malattie e di tipi corporei
C’insegna l’Ayurveda che i disturbi mentali e corporei vengono talvolta
prodotti dai tre
Dosha nel loro insieme, talora invece dalla combinazione di due di questi o
solamente da
uno
di essi. A tal proposito bisogna sapere
che la scienza ayurvedica prende in
considerazione
due categorie di malattie, denominate sharirika e mansika. Le prime
producono
disturbi corporei, le seconde disturbi mentali.
I due aggettivi derivano dal
8
( Darśan A.S.D. )
sanscrito
sharira (‘corpo’) e manas (‘mente’).
Esistono comunque tipi diversi di
costituzione fisica secondo gl’indù, da costoro posti in
correlazione
colla Prakriti (‘Manifestazione’).
Come diremmo noi, si tratta in definitiva di
tipologie
naturali diversificate. La
classificazione indiana è ovviamente triplice: 1) Vatika
(‘Ariosa’),
Paittika (’Biliosa’) e Kaphaja. (‘Linfatica’). E dipende strettamente dall’individuo,
a
partire già dalla sua forma embrionale.
Questa triplice classificazione ha una ignota
corrispondenza
nella tradizione occidentale colla suddivisione degli umori, che a differenza
di
quella orientale è tuttavia quintuplice.
Difatti l’umanità era anticamente classificata dalla
cultura
europea secondo i seguenti 5 Temperamenti: a) Equilibrato (ovverosia
Quintessenziale),
b) Nervoso (cioè Arioso), c) Sanguigno (ossia Igneo), d) Bilioso (ovvero
Fluidico
), e) Flemmatico ( o Linfatico ).
Capitolo Secondo
Effetti della meditazione sulla mente ed il corpo
a)
Com’è nato l’Ayurveda
Al dire di Candrashekar G. Thakkur,
insegnante ayurvedico marathi, fin dal I millennio
a.C.
veniva fatta distinzione in India fra i medici veri e propri e i semplici
guaritori. Anche
se,
ad esser sinceri, l’Ayurveda
costituiva di per sé un’appendice del quarto e più recente
dei
Veda, l’Atharva. Ora, l’Atharva non è che un manuale in sostanza
di formule magiche
e
incantesimi, pur comprendendo molte altre cose tra le quali una lode sperticata
dello
studio
dell’anatomia umana…
Da ciò si capisce perché mai l’Ayur sia considerato un upaveda (Veda minore). Nella
mentalità
indiana l’Atharva è il Veda apposito del Kaliyuga, la
Quarta Epoca, essendo
molto
vicino ai Tantra. Questo per il fatto che nella nostra Epoca
(s’intendono in tal senso
10
( Darśan A.S.D. )
pressappoco
gli ultimi 6.500 anni) le conoscenze più arcaiche alle quali si rifà la
dottrina
brahmanica
si sono confuse con altre non-vediche.
Soprattutto con quelle tantriche, di
matrice
dravidica. I Dravidi sono a loro volta
discendenti d’un ceppo camitico d’origine
mediterranea,
che si spostò alcuni millenni or sono sino alla terre bagnate dal fiume
Indo.
In
altre parole, è possibile dire, l’Atharva
e l’Ayur posseggono un carattere
abbastanza
popolare. Quasi come i Tantra, rispecchianti dal canto loro la tradizione dravidica vera e
propria.
b) A cosa serve l’Ayurveda
Si suol dire che l’Ayur si basa nella cura delle malattie principalmente sul controllo
della
idratazione. Questo fa sorridere di primo acchito noi
occidentali. Eppure, non afferma la
scienza
moderna che il corpo degli animali e delle piante è composto in gran parte
d’acqua? L’acqua è la vita, anche a livello
organico! Oltre all’acqua, nella terapia
ayurvedica
si adoperano le erbe medicinali, come nell’erboristeria europea. Sennonché,
11
( Darśan A.S.D. )
dichiarano
i maestri indiani attuali dell’Ayur
(vedi documentario introduttivo trasmesso a
suo
tempo in un canale televisivo privato), le erbe oggi a disposizione sono assai
meno di
quelle
che si potevano adoperare una volta.
Poiché il disboscamento e il diserbo massicci
dei
terreni incolti, per far posto a coltivazioni agricole, hanno prodotto un danno
pressoché
irreversibile
alla vegetazione naturale. Sicché, oggi
certe specie di erbe medicinali non
sono
più disponibili, con gran danno alla nostra salute. Oltreché alla natura e al
paesaggio…
Un altro problema sorto indirettamente
dalla situazione appena descritta è costituito dai
medicamenti
minerali. La pratica ayurvedica
prescriveva un tempo parallelamente l’uso
terapeutico
dei metalli, ma gl’inesperti praticanti attuali non sanno che una volta i
metalli
venivano
trattati con speciali piante depuranti, al fine di renderli idonei ad esser
ingeriti in
polvere
dal nostro organismo. Più o meno come si
fa, attualmente, per mezzo di
compresse
contenenti ferro per le persone anemiche.
Anticamente si faceva impiego
anche
degli altri sei metalli alchemici, a parte il ferro: oro, argento, mercurio,
rame, stagno
e
piombo. È ovvio che, ignorando la
tecnica depurativa del passato, coloro che hanno
12
( Darśan A.S.D. )
preteso
d’applicare le antiche formule in maniera ingenua o hanno raggiunto dei
risultati
inconcludenti,
finendo col dimostrare – seppur a torto – che i vecchi metodi terapeutici
indiani non
possedevano alcuna efficacia né basi scientifiche serie; oppure hanno
determinato
gravi avvelenamenti alla salute dei loro pazienti, con danni evidenti
all’immagine
delle pratiche mediche indiane di tipo alchimistico.
È dunque comprensibile che in seguito si
sia diffusa l’idea che l’Alchimia, se presa per
quel che doveva
essere, rappresentava un simbolismo esclusivamente spirituale. E che
invece l’azione
senza capo né coda di certi alchimisti ignoranti s’esercitasse con ingordigia
su assurdi
esperimenti chimici per fabbricare oro.
Niente di più falso. Se è vera la
prima
parte
dell’asserzione, non può esserlo la seconda in base a quanto affermato
sopra. Vi è
infatti chi
sostiene che ogni metallo puro e naturale ha la sua funzione anche sul piano
strettamente
medico.
c) L’Ayurveda
quale scienza della longevità
Un altro pregiudizio che l’occidentale deve
affrontare riguarda la causa prima delle
13
( Darśan A.S.D. )
malattie. Si è visto al Capitolo Primo che secondo l’Ayur sono i Dosha a provocare lo
squilibrio
patologico nell’organismo malato. Anzi
il termine dosha in origine significava
‘colpa, vizio;
danno; alterazione, malattia’. Solo successivamente
è venuto a designare
i tre umori che
una volta in disequilibrio le provocavano.
Però, a ben guardare, cos’è che
innanzitutto determina
il disequilibrio umorale? I testi
rispondono, senza pudore: Dei e
Démoni (letteralmente
Deva ed Asura). Dinnanzi
ad una risposta di questo genere, se
qualcuno ha già
mostrato prima qualche tentennamento verso la logica dell’Ayur, a tal
punto perde fiducia
definitivamente nei confronti della medicina indiana in generale. Non
c’è scampo! Eppure tracce di codesto metodo sono
reperibili persino nell’Europa
Medievale o nell’Antico
Egitto. Da ricerche storiche recenti
pare che Gesù stesso
disponesse di conoscenze
mediche di tal tipo, mutuate tramite Giovanni Battista e gli
Esseni dalla medicina
egizia, apparentata di per sé a quella indiana.
Dato che, come i
Dravidi, anche gli
Egizi erano delle popolazioni camitiche.
Per capire insomma quanto ci dicono i testi
indiani, bisogna naturalmente sapere con
precisione cosa
Deva ed Asura fossero per gli antichi abitatori dell’India. Dagli studi oggi
14
( Darśan A.S.D. )
noti si deduce
che per Deva essi intendevano
gl’influssi dello Zodiaco sul Destino umano;
o meglio, i
principi divini inerenti alle costellazioni ed emananti nel cosmo la loro
celeste
potenza. Per Asura,
viceversa, s’intendevano gl’influssi planetari e relative cause prime.
Non si può adesso discutere, seriamente, se
costellazioni e pianeti siano mossi da Dei
eTitani (o da
Angeli e Demoni, come credevano i cristiani nel Medioevo ) oppure
costituiscano
esclusivamente degli oggetti cosmici in movimento nello spazio. Il problema
della validità
scientifica dell’Astrologia indiana non è qui in discussione. Semmai è in
discussione la
coerenza dell’Ayur colle basi
cosmologiche e metafisiche da cui dipende.
È chiaro che
chi non crede che la vita abbia origini divine ed ha una visione
materialistica
del mondo non
crederà neppure che le malattie possano esser generate dal cosmo, né
che l’astratto
possa generare il concreto. Anche se
l’esperienza immediata ci prova il
contrario,
poiché per fare una cosa, qualsiasi cosa, occorre prima studiarla e realizzarla
mentalmente,
cioè in astratto. Solo dopo avverrà
l’applicazione in concreto. Maha-bhuta
e Dosha sono concetti astratti, non si
trovano in natura allo stato grossolano della materia,
appartengono al
mondo sottile della psiche. Non per
questo sono irreali. Sono molto più
15
( Darśan A.S.D. )
illusorie le
cose concrete, come ad es. le malattie.
Che difatti sono per loro natura assai
sfuggenti ed
indelimitabili. Gli ayurvedisti non si
occupano troppo perciò di classificarle e
descriverle una
per una. Preferiscono piuttosto
affrontarle con una cura efficace e
debellarle,
riportando mente e corpo ad uno stato di salute il più possibile durevole. Ecco
in cosa
consiste essenzialmente la tecnica di longevità ayurvedica.
d)
Ayurveda e Jyotisha
Riassumendo, nella visione indiana del mondo la Divinità
è la causa prima delle
malattie, come d’ogni altra cosa del resto; i signori
planetari e stellari le cause seconde,
Bhuta e Dosha le
cause terze. Se il mondo è divino,
allora le influenze della Divinità sul
mondo sono un fatto reale, non una fantasia. In ogni caso, anche i più grandi pensatori
occidentali – da Platone a Dante, da Newton e Goethe
– hanno ritenuto divino il cosmo
e scientifica l’Astrologia (sanscrito Jyotisha). Persino le ricerche mediche del sec.XX
hanno provato la veridicità dell’indagine antica in
campo astrale, soprattutto da parte
16
( Darśan A.S.D. )
dei Camiti (Dravidi, Sumeri, Egizi). Tempo fa infatti un medico cecoslovacco, il
dott.
Jonas ideò un metodo di controllo delle nascite
fondato nientemeno che sulle ricerche
astrologiche degli antichi Sumeri, provando la
maggior validità delle loro nozioni sul ciclo
mestruale di quelle embriologiche della medicina
occidentale moderna. Purtroppo fu
poi allontanato dal suo incarico per ragioni politiche
e messo a tacere in un manicomio,
lui che era psichiatra.
La presenza planetaria nell’oroscopo d’una
persona, in determinati campi o meno,
forma a seconda delle costellazioni nelle quali essi
compaiono un quadro elementare
specifico, che varia di giorno in giorno in base ai
transiti astrali. Dato che i Dosha
dipendono dai Bhuta
e i Bhuta dal Kalacakra (la
‘Ruota del Tempo’, colle sue variazioni
continue in sede celeste), è chiaro che le influenze
degli astri alleggeriscono o
complicano per loro natura il quadro elementale
generale di tutti gli esseri viventi, ciò
riflettendosi sulla salute d’ogni individuo. Benché non soltanto su quella. Il medico
esperto, perciò, doveva tener conto delle influenze
ma non rimanere passivo di fronte a
queste. In ciò
stava appunto la differenza fra Medicina (Ayurveda)
e Astrologia
(Jyotisha).
17
( Darśan A.S.D. )
Le
prescrizioni del medico servivano a modificare in meglio la situazione astrale,
sanando dove si doveva sanare. La cura consisteva nell’uso di semi, erbe,
fiori,
cortecce (in polvere o in infusi) oppure nell’impiego
di metalli polverizzati e depurati
dalle sostanze tossiche incluse. Tenendo conto della stagione, del luogo di
provenienza
del malato, dell’età – tutti fattori connessi in un
modo o nell’altro agli astri – si invitava il
malato a far a meno dieteticamente di certi cibi, di
certi atteggiamenti psicologici. Il
tutto
in una sintesi complessa che teneva conto del valore
d’ogni singolo Elemento e delle
combinazioni possibili. Un esempio banale. Se un individuo nasceva con una
prevalenza dell’Elemento Fuoco, era inevitabilmente
soggetto a disturbi legati a tale
Elemento. Cioè
cardiopatie, problemi a livello ematico, ecc.
L’acquisizione di cibi
appropriati e rinfrescanti o la pratica di terapie
varie con analogo scopo produceva
risultati benefici.
Viceversa, se in una persona si verificava una carenza di Acqua
(l’Elemento, non il dissetante comune ) nell’oroscopo
radicale od in quello annuale. La
terapia cercava di riequilibrare l’Elemento carente,
quasi che fosse un oligominerale.
17
( Darśan A.S.D. )
e)
Il
riequilibrio psicofisico attraverso la meditazione
Gl’influssi
e i riflussi astrali, concernono esclusivamente il campo psichico. Non
agiscono sullo Spirito. Vi è un’unica cosa che regola la nostra
spiritualità: la
meditazione trascendentale, o yogica per così
dire. La meditazione poggia sulla
concentrazione .
La concentrazione profonda provoca un magnifico rilassamento di tutti
i muscoli del corpo, ma non consiste in un semplice training
autogeno, il quale produce
benefici esclusivamente fisici. La meditazione agisce in parallelo anche
sulla psiche.
Poiché non è la mente a condurla, come avviene col training, bensì il nostro Sé più
profondo.
È tramite
questo nostro inabissarci nelle più segrete fenditure della coscienza che
veniamo a conoscere il nostro essere vero e
raggiungiamo la beatitudine. Secondo la
nota formula logica Sacchidananda (lett.
‘Essere-Coscienza-Beatitudine).
Finché la
mente pensa, agiscono su di noi le influenze
cosmiche, con tutti i loro pericoli dal punto
di vista della salute. La meditazione formale, se attuata nel modo
giusto, compie una
18
( Darśan A.S.D. )
sospensione del mentale molto più profonda di quella
prodotta dalla semplice preghiera.
E magicamente viene così a riequilibrare la
negatività psichica accumulatasi in noi in
vari modi.
Tramite il nostro vivere quotidiano, la nostra dieta, le nostre
frequentazioni, la
nostra esposizione ai fattori ambientali più
disparati, le nostre emozioni intime. E
così
via. In
sintesi, il nostro sottostare ai raggi cosmici e alle loro determinazioni vitali.
Anche in
questo caso, non val la pena d’analizzare tutti i fattori disturbanti
circostanti,
od interiori, ma occorre invece eliminarli tutti assieme
in una volta colla pratica
meditativa.
Quel che
succedeva originariamente, secondo quanto ci narrano le scritture indiane,
nel Paradiso Terrestre. La meditazione lo riattualizza attraverso lo Yoga
(‘Unione’,
col Principio della Creazione ) od ogni altra pratica
di coltivazione spirituale omologa.
Ragion per cui, la prerogativa della purezza
appartenente agli esser paradisiaci – dalla
tradizione hindu chiamati Hamsa (‘Oche
Selvatiche’) – scende alla nostra portata.
Purezza in tal senso significava pure assenza di
malattia. L’oca selvatica è un
uccello capace di librarsi nell’aria
maestosamente. Cinesi ed indiani da
tempo
19
( Darśan A.S.D. )
immemorabile hanno preso siffatto volatile ad
indicare il volo shamanico dell’anima
individuale (Jivatma) verso l’anima universale
(Atma).
Per taluni
la cosa avviene solamente nel momento della morte. Per altri nemmeno in
tale circostanza purtroppo e per altri ancora ogni volta, o quasi, che
s’accingono a
meditare.
20
( Darśan A.S.D. )
Bibliografia
1) C.G.Thakkur, Introduzione all’Ayurveda-
Astrolabio-Ubaldini, Roma 1979.
2) M. & J Stutley, Dizionario dell’Induismo-
Astrolabio-Ubaldini, Roma 1980.
3) Dizionario
d’Inglese Hazon-Garzanti, Milano
1961.
4)
M. Monier-Williams, Sanskrit-English Dictionary-
N.Delhi 1981.
5) N.Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana-
Bologna 1996.
6) Dispense
delle lezioni a c. del Seminario.
7) G.Acerbi, Kālacakra, la Ruota Cosmica- Univ.
di Ven. “Ca’ Foscari”, Venezia 1985, tesi di laurea in ‘Storia dell’arte
dell’India e dell’Asia Centrale’.
8) S.Radakrishnan, Bhagavad Gita-
Astrolabio-Ubaldini, Roma 1964.
Consulente: GIUSEPPE ACERBI
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