di H.Mriga
c) Il Ciclo Abelita-Lamechita
Una
delle conseguenze maggiori del Ciclo Cainita è stata, sicuramente, la nascita
d'una primitiva orticoltura. E i prodotti dei primi raccolti costrinsero
quegli uomini ad adottare delle convenzioni, necessarie per il mantenimento dei
possedimenti e lo scambio in natura. Per questo a Caino è stata attribuita
miticamente l'invenzione di pesi e delle misure (37). Non
solo, anche la costruzione dei primi villaggi cintati di rozze mura; uno dei
quali aveva nome Enoch, forse per celebrare la nascita del figlio
omonimo. E la gente fu obbligata a stabilirvisi (Gen.- iv.17)(38).
Tale comportamento
è conforme ad una tribalità di tipo orgiastico (39) ed ecco
che allora Caino è descritto vivere lussuriosamente, commettendo atti
peccaminosi. La rapina fra una tribú e
l'altra è l'ennesimo indizio che il male ha cominciato a regnare nelle
associazioni antropiche. Considerando ciò, Guènon
(40) intravedeva nella forma cainita del vivere quell'indizio di
"solidificazione" del mondo umano e sociale che avrebbe trovato
l'esito finale nell'ultimo ciclo, relativo all'edificazione della Torre di
Babele. La meccanizzazione della vita attuale, ove tutto è calcolato,
registrato e regolato dallo Stato come le macchine delle quali la tecnologia ci
ha dotato, è cominciata coi provvedimenti adottati da Caino; insomma, dalla
cultura austronesiana, per dirla in termini piú acconci all'erudizione
antropologica. La mania delle statistiche e dei censimenti, oggidí
portate alle estreme conseguenze dal sondaggismo su fatti e personaggi di
scarsa importanza, nasce da quel bisogno di tener la mente sempre occupata che
è frutto d'una inquietudine interiore. L'inquietudine che caratterizza
appunto il mondo moderno e contemporaneo e che ha preso le mosse dai tempi
cainiti. In questo modo tutte le persone hanno cominciato a divenire
popolo, uniformemente, fino ai tempi odierni nei quali il popolo si è
trasformato fisicamente in massa. Tanto che la cura delle anime ha
assunto l'aspetto di un'amministrazione d'individui trattati quali elementi
numerici
15
poco differenziati.
La vittoria di Caino su Abele si manifesta, secondo Guénon (41),
nell'impossibilità da parte delle ultime popolazioni nomadiche a svolgere la
loro vita secondo le norme degli antenati, essendo costrette alla sedentarietà
indipendentemente dalla loro volontà, giacché non trovano piú alcuno
spazio libero attorno a sé. È il caso ad es. degli Zingari, i quali
non per niente affermano di discendere in parte da Abele ed in parte da
Seth (42). Si spiega cosí il
loro internamento, non meno degli Ebrei, nei campi di concentramento costruiti
dai Nazisti; i quali, manipolazioni culturali a parte, si presentavano ai loro
occhi quali discendenti della cd. 'Razza Ariana' (43). Cioè,
in pratica, eredi della cultura degli antichi 'aratori' del suolo (gli Ari)(44);
il che è come dire sedentari, spostamenti post-diluviali a parte. Dietro
la faccenda del Nazifascismo, sappiamo oggi, vi era il progetto sionista di
"ricondurre" gli Ebrei in Palestina (45). Ma dietro
alle persecuzioni degli Zingari che cosa vi stava (46)?
Evidentemente quanto indicato in nota, in modo inconsapevole o meno,
ovvero l'intendimento assurdo di delimitare numericamente i
nomadi in spazi ristretti. Rilevava inoltre Guénon (47) che
la pretesa dei paletnologi (48) di tratteggiare gli uomini dei
primordi come cacciatori o pescatori non trovava riscontro nella realtà dei
fatti, se non in situazioni di popolazioni particolari condizionate da fattori
ambientali od altro.
Per
capire in profondo il Ciclo Abelita-Lamechita, corrispondente al VI Periodo
Avatarico induista, occorre rifarsi necessariamente alla definizione mai ben compresa di Tūrān.
Sempre Guénon (49) assegnava in sostanza ai Turi il ruolo di
"allevatori nomadi", poiché in effetti gli abitanti dell'Asia
Centrale - in ispecie i Turco-mongoli - erano tali rispetto ai sedentari
dell'antico Iran, o Airyana. Almeno, dopo che costoro
riuscirono finalmente a stanziarsi in codesto territorio. Per
quanto riguarda gli Zingari, d'origine indiana a grandi linee in base al loro
stesso nome (dal scr.sindhu ='scuro', di pelle s'intende), va
precisato che quella parte di costoro la quale dicesi etno-culturalmente discesa da Abele sottintende per forza di cose un
passaggio del secondo figlio di Adamo nei paraggi dell'Indo durante il ciclo
che lo ha vista protagonista umano. E dato che essi identificano sul
piano ciclico
16
l'Adamo ebraico al Manu hindu (50), ponendo il Pardes biblico (vale a dire l'Ilāvṛta dei testi puranici) in Siberia (51), occorrerà trovare un equivalente induista pure per Abele. Il nome Hebel/ var. Hevel ('Abele') viene rapportato (52) a Baal, il quale del pari al scr.Bali corrisponde al gr.Apollo ed anche al gemello Belo, celt.Belen, lig.Belin, norr.Bel. Se Qayin è il prototipo umano del titano El-Kronos, o Elio-Crono se preferiamo, non vi è da stupirsi che Hebel sia il protipo umano di Apollo-Belo. Si tratta di due figure solari distinte, entrambe demonizzate, risalenti ai primi due terzi dell'Età dell'Argento. Quella dell'ultimo terzo sarà il fratello Seth, equivalente al Set-Sath egizio-fenicio od al Sāturnus latino. Apollo, similmente al Rudra vedico, possiede una vetusta veste pastorale anziché proto-agraria come Elio-Crono. Dunque è lecito affermare che gli Zingari, e chi come costoro (gli Ebrei ad es.) portano in seno una componente abelita (53), discendano dal Turan (54). La loro attitudine nomadica lo conferma, seppur abbiano finito nella loro dispersione geografica per dedicarsi ad altri mestieri correlati a quello d'allevatori. Gli Zingari di etnia rom sono diventati fabbri e calderai, poiché il fuoco aveva un particolare valore per i nomadi, che incenerivano le salme dei defunti anziché inumarle; mentre gli Ebrei di ceppo askenazita si sono trasformati da allevatori in commercianti, per il diretto rapporto esistente fra la moneta (lat.pecūnia) ed il bestiame d'allevamento (lat.pecus). È significativo d'altronde che gli Zingari, o meglio una porzione di essi (55), vengano chiamati Rom; il termine sicuramente va collegato alla voce hindi Rām (56), ma Parśu, non Candr. Il personaggio – s'intende, l'etnia connettentesi al ciclo che lo riguarda – è giunto in Persia dopo esser rimasto per un certo tempo nel Turan (57), cioè in Asia Centrale.
Ed è interessante che lo stesso Guénon rilevava l'attitudine dei massoni
occultisti (la definizione è nostra) facenti capo a Fabre d'Olivet a confondere
i due Rama, vale a dire ad identificarli, trasformando l'intera sequenza
dei Dāśāvatāra in una
di Navāvatāra. Un errore grave, quantunque commesso da certi
massoni ancor oggi. In realtà Paraśurāma incarna il VI Periodo Avatarico, che come tradisce
il nome (Paraśu, o Parśu, è il corrispettivo hindu di
Perseo) si è svolto dall'Asia Centrale in direzione della Persia, sia pur una
Persia allargata sino all'India
17
Settentrionale; in altre parole, tale vago nome geografico è probabile designasse un tempo l'intera zona medio orientale fino all'Indo ed al Gange. Che il puranico Rām-a equivalga al biblico Lem-ek (Lamech) lo indica chiaramente l'etimo, tanto più che il sostantivo attributivo Paraśu/ Parśu secondo le scritture indiane è un'aggiunta posteriore alla sua nascita; che quest'ultimo appellativo corrisponda inoltre al titano greco Perseús è immediatamente accertabile; che Perseús rimandi infine a Lemek è dimostrato dall'affinità delle loro leggende (58). Tutte e tre le figure hanno del resto hanno a che fare, dal punto di vista cosmologico, coll'asterismo antartico di Canopo (59). Forse non apparirà evidente nel personaggio biblico, ma negli altri due è un fatto acclarato. Perseo, nome a parte, non è solamente l'uccisore di Medusa, la cui testa serpentina altro non è a livello astrale che la Testa del Drago del Nord; ma funge pure nella leggenda greca da doppione di Pegaso, emblema equino di Canopo, ovvero l'opposto di Caput Draconis. Il tema della Doppia Ascia di cui Rama è portatore allude senza dubbio ai due Assi Polari, ovvero all'inversione dei Poli, proprio come l'agone fra Perseo e Medusa. D'altronde la madre Reṇukā, cui il figlio taglia la testa, è l'equivalente indiano di Medusa al di là dei ruoli precisi nei rispettivi drammi. Perciò Perseo corrisponde in toto a Parshu. Il vendicatore Lamech, annientando Caino, funge da alter-ego d'entrambi (Parshu-rama e Perseo); cosí come la vittima Abele fa da allotropo di Jamadagni (60), il padre assassinato di Rama. In Grecia non c'è in apparenza una figura di vittima eguale ad Abele o Jamadagni. Se non il pescatore Acrisio, nonno di Perseo e sostituto del padre; sicuramente esisteva però in principio una figura titanica di tipo abelita-apollineo fungente da padre del figlio di Danae, figura poi sostituita da Zeus per rendere Perseo pari ad un eroe. Dato che Perseo uccide il nonno Acrisio (61) con un disco di evidente significato ciclico-solare, può darsi che tale figura paterna fosse lo stesso Acrisio (62) e che questi non venisse ammazzato dal figlio Perseo, bensí dal gemello Preto (63). Per cui in seguito Preto, lo zio di Perseo, come ci tramanda Ovidio andava incontro per contrappasso ad un'analoga sorte procuratagli dal nipote (64); ma in questo caso l'atto era paragonabile a quello subito da parte di Caino, poiché Proîtos è Pṛthu, l'inventore indiano di tipologia cainita della coltivazione dei campi e Perseo – abbiamo visto sopra
18
– è Lamech. Nel pastore Lamech (65), come abbiamo già premesso, non appaiono chiari riferimenti a Canopo e ciò rende la figura un po' diversa da Parashu-rama e da Perseo; ma anche Lamech, nella tradizione ebraica (66), appare come un grande guerriero non meno degli altri due (67). Il fatto tuttavia che compaiano 2 apparenti versioni della leggenda (Gen.- iv. 19-22 e v. 28-31), peraltro non ben amalgamate, prova che i Lamech ebraici almeno in origine erano 2, non meno dei Rama induisti.
Vi è un ulteriore
problema da chiarire, la natura gigantesca di Parshu, che non ha parallelo
apparente in Perseo. Eppure la storia di Perseo è la storia d'un titano,
che come tale viene raffigurato pure nell'iconologia astrale, alla maniera del
Gigante Orione. Bisogna far attenzione a non confondere il Ciclo dei
Giganti vero e proprio, sinonimo in India del VI Periodo Avatarico e come tale
contrapposto al Ciclo dei Nani ossia il V Periodo Avatarico (il Ciclo
Abelita-Lamechita per gli Ebrei), coi Giganti della 'Gigantomachia' ellenica;
questi ultimi sembrerebbero traendo spunto interpretativo dalla tradizione
ebraica, ma la tradizione greca li confonde parzialmente cogli altri, dei
discendenti di Seth ibridatisi colle donne cainite. Orione e Perseo,
diversamente, paiono riferirsi per a loro natura titanica rispettivamente al V
ed al VI Ciclo Avatarico (68).
Una differenza
fondamentale fra i Pigmei-orticoltori e i Giganti-allevatori era il tipo
d'offerta sacrificale, vegetale da parte degli uni ed animale da parte degli
altri. Pure sul piano espressivo, nota Guénon (69), i
sedentari si sono dedicati alle arti plastiche ed i nomadi alle arti
sonore. Dato che le prime esigono spazi indefiniti, ma tempi determinati;
viceversa le altre si sviluppano in spazi angusti, sebbene in tempi
indeterminati. Una sorta di contrappeso vicendevole per coloro che
restringono volontariamente i loro spazi di vita e quelli che invece li
ampliano irrimediabilmente.
Prima di
terminare il discorso sul Ciclo Abelita-Lamechita vorremmo citare un
personaggio della mitologia iranica che, a giudizio dell'Albrile (70),
potrebbe esser paragonato a Perseo; ossia Ferēdūn, il quale
sembrerebbe rimandare al Danaide persino nella base (*Per- = *Pher-) del nome.
Ciò implicherebbe, di conseguenza, un parallelismo analogo con
Parashu-rama. Avendo fatto una breve ricerca in proposito, ci siamo
accorti che
19
tale
intuizione recava buoni frutti anche dal punto di vista mitologico ed
antropologico. Infatti Ferēdūn (pahl. e m.pers. Frēdōn,
n.pers. Fereydūn o Farīdūn)
è concepito quale Primo Mandriano (71), capace per giunta di
utilizzare il bovino quale cavalcatura, alla maniera dei cinesi e dei
sud-estasiatici. Il che lo riporterebbe per forza di cose ad Abele, tanto
piú che i suoi antenati tribali
portano il suff. -gaw ('vacca'). Nello Šāh-nāma è
riportato il racconto dell'uccisione del padre Ābtīn da parte
del drago Dahāk, dopodiché la
madre Farānak conduce Ferēdūn nella foresta, ove lo allatta la
vacca Barmāya/ var.Barmāyūn; la quale rammenta sotto certi
aspetti Surabhi, la Vacca dell'Abbondanza, ossia la preda per cui
i Kārtavīrya (figli di Re Kṛtavīrya, sovrano degli Haihaya)
combattevano contro i Bhārgava di Jamadagni (72). A
lui viene attribuito persino l'incrocio fra cavalli ed asini per ottenere i
muli, cosa la quale certifica in modo indiretto che l'allevamento del cavallo
avveniva già a quell'epoca. Anzi prima, poiché è evidente che deve essere
intercorso un certo periodo fra l'allevamento delle singole specie di equini e
i loro incroci. Ferēdūn è stato il primo inoltre a
domare l'elefante a scopo bellico. Va aggiunto che, similmente a Perseo
in ciò (vedi decapitazione di Medusa), il titano persiano ebbe modo di
uccidere (73) il mostro tricefalo Aži Dahāk (Żaḥḥāk); corrispettivo iranico di Triśiras (74),
figlio di Tvastṛ (il
Demiurgo) e talora denominato Viśvarupa. A compiere il gesto
fatidico in India è stato Trita Āptya (75),
omologo del Thrita avestico (vide infra); nell'Avestā in luogo di Ferēdūn compare Thraētaona (lett. il 'Figlio di Thrita'),
un Āthwiyāni, cioè
un 'discendente della famiglia Āthwiya'. Dunque, se
Thrita Athwiya alias Abtin equivale a Trita Aptya, il figlio
Thraetaona (76) corrisponde senza dubbio a Parshu-rama (77) ed
il padre a Jamadagni (78). E se a volte però, secondo
lo Šāh-nāma, egli shamanicamente assume la veste di drago onde
metter alla prova i 3 <Figli> (vide infra), non vi è da stupirsi.
Anche Perseo è concepibile, in alternativa al ruolo sauroctono, quale
alter-ego del 'Vecchio del Mare' ovvero del 'Mostro del Mare', sua primitiva
incarnazione (79). Poiché, se è vero che il Kêtos inviato
dal 'Sovrano del Mare' (80) quale
proprio messaggero contro Andromeda per adempiere al sacrificio
fa le veci d'un allotropo, è pur vero nel contempo che
nonostante
20
Perseo
venga accreditato quale figlio di Zeus non poteva risultare tale in origine data
la sua natura titanica; ma doveva di necessità esser figlio di Poseidone (cioè
del 'Vecchio del Mare', il vetusto Forco) e perciò fungere da doppione
del Kêtos-Trítôn, analogo a Thraetaona sauromorfico.
Un'altro mitologema che comprova la reale identità di Ferēdūn e Perseús è
la battaglia del primo contro i Māzarand, a nostro parere i
Negritos (81) paleoindonesiani. I poteri
magico-shamanici del titano persiano venivano esplicati anche a livello
taumaturgico. Ferēdūn fu inoltre l'inventore persiano
della cosmologia e della metafisica. Ebbe 3 <Figli>, non meno di Perseo:
a Salm venne lasciato il Rūm (Asia Minore,
Egitto, Grecia ecc.), a Tōz il Tūr (Turkestan,
Mongolia ecc.) e a Ēriz/ var.Īraj l'Iran e
l'India, ma il terzo figlio fu assalito ed ucciso dagli altri due.
Secondo il Mēnōg ī xrad il titano divenne immortale, ma
successivamente Ahriman in base ad altri testi lo
trasformò in un mortale a causa del disprezzo verso Ohrmazd oppure
per il fatto d'aver preferito il terzo figlio. Inutile aggiungete che in
tempi islamici il personaggio è stato equiparato a figure biblico-coraniche
quali Noè od Abramo, che tuttavia non gli corrispondono per nulla.
Note
(37)
Cit., § 16.8, p.115.
(38)
Oltre a questa, gli autori citano altre fonti (Pat. & Gr., op.cit.,
p.116, n.12).
(39)
La doppia tendenza, l'una tribal-orgiastica con costruzioni in legno ricoperto
di paglia o di frasche e l'altra pagano (in senso letterale)-megalitica è
propria della cultura d'origine austronesiana, se è vero che in tempi
paleolitici (ltre 40.000 anni fa) un flusso migratorio di tale secondo genere
culturale ha raggiunto dapprima l'India, poi l'Asia minore ed il Mediterraneo.
(40)
R.Guénon, Il regno della quantità
e i segni dei tempi- Studi Tradizionali, Torino 1969 (Le Régne de
la Quantité et les signes des Temps- Gallimard, Parigi 1945).
(41)
Guén., op.cit., Cap.XXI, p.174.
(42)
Sulla doppia discendenza degli Zingari vedi R.Guénon, Il Compagnonaggio
e gli Zingari presso Scritti sulla Massoneria ed altre
iniziazioni artigianali- R.d.S.T. (Gen.-Dic. '81), Studi Tradizionali,
Torino 1981, p.16. Lo scrittore francese era convinto che anche il doppio
21
raggruppamento
di Ebrei e Compagnoni avesse a che fare con una doppia origine etnolinguistica
e rituale. Gl'indù, egualmente, riconoscono una Dinastia Solare rispetto
ad una Lunare; nella prima potremmo riconoscere il ceppo turanico e nell'altro
quello ario. Cfr. in proposito G.Acerbi, L'Isola Bianca e L'Isola
Verde- Simmetria on line (N°41, Apr. 2016), pross. Gli unici autori che
sono stati capaci di riconoscere tale doppia origine, anche se un po'
confusamente, sono Evola e Guénon. Da parte da nostra abbiamo elaborato
alcune ipotesi per cercare di chiarire meglio il problema, cercando di smentire
le tesi accademiche od occultiste, che sfiorano la verità ma non sanno
coglierla in pieno.
(43)
Abbiamo spiegato altrove (Ac., art.cit., passim) che tal razza non è mai esistita, però indubbiamente il
termine va inteso come sinonimo - sia pur scorretto - di 'stirpe'.
Soltanto questo modo essa diviene una denominazione pienamente tradizionale,
facente capo alla 'Quarta Stipe', che Esiodo e la Genesi congiuntamente
definiscono 'Eroi'. Questi Eroi altro non sono che gli Ari (scr.Ār-y-a, ir.Air-y-a), cioè gli
'Aratori' (scr.ar-y-a ='aratore, apritore del solco', lat.ar-at-or =
id.), secondo quanto mostra la comparazione con altre lingue indoeuropee (celt.ar
= 'campo, suolo coltivato'; lat.ar-v-us= id.).
(44)
Guén., op.cit., p.175, n.2. Gli studi accademici in
questo caso concordano, benché ogni tanto qualcuno ci provi a sfornare altri
etimi, che paiono in realtà probabilmente collegati a quello principale per vie
spesso difficili da delineare in maniera del tutto chiara.
(45)
Da notare che Guénon (cit., p.174, n.1) non si fa
prender la mano dal complottismo, che pure ha una sua ragione d'essere
considerando la Dichiarazione Balfour e tutto il resto che si collega ad essa,
ma vede in tale progetto un danno nei confronti degli Ebrei per ridurli al
sedentarismo colla scusa d'offrir loro una patria.
(46)
Egualmente Guénon (ibid. come alla n.prec.) rammenta che nei
confronti degli Zingari fu fatto un tentativo, in tal senso, di ridurli a certe
regioni dell'Europa Orientale (Montenegro ecc.).
(47)
P.175.
(48)
L'autore usava ancora i termini di 'etnologi o
'preistorici', oggi superati.
(49)
Passim.
(50)
Facciamo notare che persino il Mannus germanico aveva
secondo il mito 3 simbolici <Figli>, ossia 3 diramazioni etnoculturali,
non meno dell'Adamo biblico.
(51)
A. di Nola, s.v.:ZINGARI, Religione degli;
presso AA.VV., Enciclopedia delle Religioni, Vallecchi, Firenze
197x, Vol.6, p.xxx.
(52)
Grav. & Pat., op.cit., Cap.16, p.117,
n.5.
(53)
I Rom fra gli Zingari e gli Askenaziti fra gli Ebrei.
(54) La
parola Thor-ah ('Legge') viene generalmente accostata al scr.Dhar-m-aḥ (Id.), oppure al gr.Taûr-os ('Toro'),
in riferimento all'Era del Toro; venerato anticamente dagli Ebrei parimenti
agli altri popoli del Vicino Oriente, come mostra l'episdio del 'Vitello
d'Oro'. Potrebbe tuttavia aver avuto a che fare, in principio, con Tūrān.
(55)
Quelli d'origine iperborea.
(56)
I.Hud, Gli Zingari nella storia- Child of the Light &
Friends, blog (16-06-2015),
22
passim. Il capostipite leggendario è chiamato Ròmano,
chiaramente derivato da Rām (scr.Rāma).
(57)
F. d'Olivet, Storia filosofica del genere umano- Atanòr, Roma
1973, L.Sec.,
Cap.X, p.158.
(58) Grav. &
Pat., op.cit., Cap.19, p.133, n.1. I due autori citano oltre a Perseo anche Atamante,
scambiato per un bianco cervo. Lamech annienta
involontariamente l'avo Caino (in un passo apocrifo avente un corno sulla
fronte), come Perseo uccide inintenzionalmente il nonno Acrisio,
mentre nel caso di Rama l'uccisione dei Kārtavīrya è volontaria.
(59)
Ac., Il mit., passim.
(60)
Da notare che il nome rimanda da un lato a Yama, un
Adamo demonizzato, avente per emblema il Toro; e dall'altro ad Agni,
signore del fuoco, tale elemento risultando un fattore vitale per i nomadi
allevatori di bestiame e costretti a continui spostamenti a causa delle
mandrie.
(61)
J.Fontenrose, Python. A Study of Delphic Myth and Its Origin- Univ.
of California P., Berkeley-L.Angeles-Londra 1959, Cap.XI, p.291.
(62)
Fontenrose (ibid. come alla 60) tratteggia la
profezia sul nipote uccisore del nonno come una tipica storia sul modello
di Crono e Zeus, o Laio ed Edipo (entrambe le coppie sono padre e figlio),
quindi un passaggio ciclico da un'era ad un'altra. E dato che Acrisio è
un <Pescatore> ed anche un re, peraltro costruttore dell'Arca
su cui sono rinchiusi figlia e nipote, potrebbe rimandare di per sé ad un
mito diluviale concernente il Re Pescatore e la sua Arca di Traghettatore delle
Anime da o per l'Altro Mondo.
(63) Preto in effetti cominciò a litigare col
gemello – anche Caino in una versione della leggenda ebraica (Grav.
& Pat., op.cit., Cap.14, p.105, §f) è gemello di
Abele anziché fratello – già nel ventre materno. La
cosa ricorda da presso la lite fra Viśvamitra e Jamadagni,
collo scambio dei 'Vasi' contenenti il Soma. Facile
dunque paragonarli vicendevolmente a Preto ed Acrisio. In questo caso i
Vasi alludono ai Poli, ma non nel senso del Polo Artico ed Antarico, come la
Doppia Ascia; ci pare che, più modestamente, abbiano ad indicare il
passaggio pendolare del perno polare antartico da un asterismo (Sirio) ad un
altro (Canopo).
(64)
Font., op.cit., p.292, n.31.
(65)
G.Acerbi, Il Capricorno nel Bene e nel Male. La
simbologia solstiziale dei 'Tre Figli' d'Adamo, con un'indagine sull'origine
dei culti demonici in rapporto al Cainismo, all'Abelismo e al Sethismo- Nel
nido del Simorgh, blog (10-02-15), p.10, n.7. Quantunque
la Genesi, facendone un discendente di Caino, lo abbia trasformato
in cacciatore.
(66)
Wikipedia. The FreeEncyclopedia, s.v. Lamech
(descendant of Cain).
(67)
Gli è attribuita difatti l'invenzione della Spada (ibid. come
alla n.prec.), onde si può ipotizzare che alla maniera del Cavaliere su Cavallo
Bianco dell'Apocalisse di S.Giovanni (Ac., Il mit., p.14,
n.27), la sua Spada alluda cosmologicamente all'Asse Polare. E
siccome la vittima di Lamech è Caino, caratterizzato
da tratti fisici similari a quelli di Agastya dai chiari
connotati canopici (ib., p.5), ecco dimostrata la
quasi perfetta equivalenza di Lamech a Parshu-rama e Perseo
anche
23
simbolicamente
e non solo nel nome.
(68)
Non c'è da stupirsi che il Gigante Orione faccia riferimento al V Periodo
Avatarico (avente perno polare più precisamente in Sirio),
poiché anche per i Turi è trascorso tale periodo, nonostante il
dominio dei Pigmei (Cainiti, Kartavirya); proprio come
durante il periodo avatarico successivo è avvenuto il contrario, vale a
dire al simbolismo di Rishyashringa (cfr. coll'immagine del
Caino Unicorne, alla fine del suo ciclo ucciso da Lamech) è
subentrato per i Kartavirya quello di Agastya, in parallelo con Parashu-rama ed
il dominio dei Giganti.
(69)
Guén., op.cit., pp. 178-9.
(70)
Com.or.
(71)
Per questo e gli altri dati a seguire cfr. Encyclopaedia
Iranica on line a c. di A.Tafażżolî, s.v.FERĒDŪN.
Nella forma cartacea la voce è presente nel Vol.IX della stessa (I
ed. 1999, aggiorn. nel 2012), fasc.5, pp. 531-3.
(72)
M. & J. Stutley, Dizionario dell'Induismo-
Astrolabio-Ubaldini, Roma 1980 (ed.or. A Dictionary of Hinduism-
Routledge & Kegan- Londra 1977), s.v.PARAŚURĀMA, p.320/ col.b.
(73)
Nei testi medio-persiani rimane confinato in una grotta del Monte Damāvant,
fino alla 'Fine dei Tempi'; proprio nel 2000 d.C., difatti, il perno del Polo
Nord si è spostato dal Dragone all'Orsa Minore.
(74) Il
tricefalismo in un caso e nell'altro allude cosmologicamente allo spostamento
periodico (ogni 6.480 anni) del perno polare dalla Lira al Dragone del Nord e
dal Dragone del Nord all'Orsa Minore, con movimento opposto al ritorno.
Inoltre, indica trattarsi d'un nume titanico, relativo al Tretāyuga (la
classica Età dell'Argento). Cfr. col Tritone greco, pure tricefalo.
(75) La
locuzione nominale significa il 'Terzo delle Acque', con allusione forse
ad Agni, che sorse primieramente da esse e fu seguito poi dai
suoi 3 fratelli: Ekata (il 'Primo'), Dvita (il
'Secondo') e Trita (il 'Terzo'),
(76)
Etimologicamente è da apparentare al gr.Trítôn, benché quest'ultimo
sia un drago marino, non l'uccisore del drago.
(77)
Sul piano astrale Parshu-rama rimanda a Canopo quale perno polare, sul
piano ontologico al VI Avatāra. Quindi anche Thraetaona ha il
medesimo significato.
(78)
L'identità fra Jamadagni e Trita non è
facilmente tracciabile, se si esclude il Tridente posto solitamente in testa al
brahmano, ma è evidente persino dal nome che il padre di Rama debba esser
assimilato al 'terzo fratello' di Agni.
(79)
Ac., art.cit., p.8. Scrivevamo in
proposito: "La relazione fra Parçu-Perseo, nonché della controparte
femminile Medusa-Renuka, e Canopo vien in tal modo palesemente
chiarita. In certo senso la coppia Parçu-Renuka appare un doppione
di Varuna e della propria figlia-consorte Vârunî-Varunânî (Urano
ed A.Urania), i numi indiani preposti alla sovranità delle acque cosmiche;
mentre la coppia corrispettiva Perseo-Medusa si richiama alla omologa coppia
Forco-Keto. Il Ketos dal suo canto, essendo il messaggero per
eccellenza del signore del mare, ne è il veicolo esclusivo o se si vuole la
forma primigenia; parimenti, in India il Makara è il vâhana di
Varuna."
24
(80)
Poseidone non è che un sostituto in tempi recenti dello Hálios
Gerôn ed in quanto tale un doppione di Tritone, che ne è il figlio,
vale a dire un'allomorfia.
(81)
L'interpretazione di queste tribù semi-mostruose descritte nel Dēnkard quali
tribù negroidi attiene ad A.Tafażżolî (vide n.71), noi l'abbiamo
solamente riadattata alle nostre necessità. Di esse è detto che hanno
invaso la regione di Xvanērah (av.Xᵛaniratha) e
che poi sono state tramutate in pietra dalla magia, s'intende attraverso
operazioni shamaniche, di Ferēdūn.
Cara signora MIGRA,
RispondiEliminaI tuoi articoli sono molto interessanti.
Ma una domanda non mi lascia in mente:
Perché stai dietro il tuo soprannome?
Non mi importa se ti proteggi personalmente, ma vorrei sapere, ad esempio, quali sono i tuoi insegnamenti accademici e altri ... ?
Grazie in anticipo per la tua onesta risposta.
Cordiali saluti
Felix
Felix.zaman@gmail.com